Ferruccio Ferrazzi L'idolo del prisma, 1925
“Existen dos estéticas: la estética pasiva de los espejos y la estética activa de los prismas. Guiado por la primera, el arte se transforma en una copia de la objetividad del medio ambiente o de la historia psíquica del individuo. Guiado por la segunda, el arte se redime, hace del mundo su instrumento, y forja, más allá de las cárceles espaciales y temporales, su visión personal." Borges
Esistono due estetiche: l'estetica passiva degli specchi e l'estetica attiva dei prismi. Guidata dalla prima, l'arte si trasforma in una copia dell'oggettività dell'ambiente o della storia psichica dell'individuo. Guidata dalla seconda, l'arte si redime, fa del mondo il suo strumento e forgia - al di là delle prigioni spaziali e temporali - la sua visione personale. Borges
Federico de Pistoris - Donna e ambiente -1922 -stamp -
Con tutto il nostro progresso cerebrale, siamo ancora esposti al pericolo di ricadere nella nozione romantica (e anche realistica, quindi) secondo cui «l'arte imita la vita». L'arte, se mai si dedica a operazioni di questo genere, aspira in realtà a rispecchiare quei pochi elementi dell'esistenza che trascendono la «vita», che la prolungano oltre il suo punto terminale; ed è un'aspirazione che spesso è scambiata per un confuso affannarsi dell'arte o dell'artista alla ricerca dell'immortalità. In altre parole, l'arte «imita» la morte piuttosto che la vita; ossia imita il regno di cui la vita non può offrire alcuna nozione: consapevole della propria intrinseca brevità, l'arte cerca di esorcizzare, di ammansire quella che è la più lunga versione possibile del tempo. Dopo tutto, ciò che distingue l'arte dalla vita è la sua capacità di produrre un grado di lirismo superiore a tutti quelli che si possono raggiungere in qualsiasi rapporto umano. Da qui l'affinità della poesia con la nozione di vita ultraterrena; se pure quest'ultima non è un'invenzione della poesia. Iosif Brodskij,
Federico de Pistoris - Donna e ambiente -1922 -stamp -
Con tutto il nostro progresso cerebrale, siamo ancora esposti al pericolo di ricadere nella nozione romantica (e anche realistica, quindi) secondo cui «l'arte imita la vita». L'arte, se mai si dedica a operazioni di questo genere, aspira in realtà a rispecchiare quei pochi elementi dell'esistenza che trascendono la «vita», che la prolungano oltre il suo punto terminale; ed è un'aspirazione che spesso è scambiata per un confuso affannarsi dell'arte o dell'artista alla ricerca dell'immortalità. In altre parole, l'arte «imita» la morte piuttosto che la vita; ossia imita il regno di cui la vita non può offrire alcuna nozione: consapevole della propria intrinseca brevità, l'arte cerca di esorcizzare, di ammansire quella che è la più lunga versione possibile del tempo. Dopo tutto, ciò che distingue l'arte dalla vita è la sua capacità di produrre un grado di lirismo superiore a tutti quelli che si possono raggiungere in qualsiasi rapporto umano. Da qui l'affinità della poesia con la nozione di vita ultraterrena; se pure quest'ultima non è un'invenzione della poesia. Iosif Brodskij,
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