(Dante - Paradiso 1,XXXIII)
foto de Robert Hupka
"Come una foto in bianco e nero. Nessuna concessione al colore, alla spettacolarità, ai nuovi
barbari. Bianco e nero, colori vividi dell'essenziale, solo
l'autenticità della forma, della sostanza, l'occhio vede e non si
inganna.
Questo è il mio segreto veramente semplice. Si vede
bene solo con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi." "Il
piccolo principe"
Fondare un'etica su un versetto citato erroneamente significa andare in cerca di guai:
ma se uno ti percuote sulla guancia destra,
porgi a lui anche l'altra
e se uno vuole chiamarti in giudizio e toglierti
la tunica, cedigli anche il tuo mantello.
E se uno ti forza a fare un miglio,
va' con lui per due miglia.
Citati per esteso, questi versetti hanno in realtà ben poco a che fare con la resistenza passiva o non violenta, con i precetti di non ripagare con la stessa moneta e di rendere bene per male. Il loro significato è tutt'altro che passivo, poiché vi è implicita l'idea che il male può essere reso assurdo per eccesso; vi è implicito il suggerimento di rendere assurdo il male sminuendone le pretese con una condiscendenza pressoché illimitata che svaluta il danno. Un atteggiamento simile mette la vittima in una posizione molto attiva, nella condizione di un aggressore mentale. La vittoria possibile in tali circostanze non è una vittoria morale, bensì esistenziale. Qui l'altra guancia non mette in moto il senso di colpa del nemico (un senso di colpa che egli sarebbe capacissimo di reprimere), ma espone i suoi sensi e le sue facoltà all'insensatezza di tutta l'operazione: è lo stesso effetto che può fare ogni forma di produzione di massa.
Mi permetto di ricordarvi che qui non stiamo parlando di una situazione che comporti un combattimento leale. Stiamo parlando di situazioni in cui uno si trova fin dall'inizio in uno stato d'inferiorità assoluta, senza speranza, in cui uno non ha modo di contrattaccare, in cui le probabilità sono contro di lui, e in maniera schiacciante. In altre parole, parliamo delle ore più buie della vita, quando il senso della propria superiorità morale sul nemico non offre alcun sollievo, quando questo nemico si è ormai spinto troppo oltre per vergognarsi o per avere nostalgia degli scrupoli abbandonati, quando uno non ha più niente per difendersi, tranne la propria faccia, una tunica, un mantello e un paio di piedi che possono ancora camminare per un miglio o due.
In questa situazione resta ben poco spazio per le manovre tattiche. Così l'offerta dell'altra guancia dovrà essere, da parte vostra, una decisione consapevole, fredda, deliberata. Le vostre probabilità di vincere, per quanto esili, dipendono tutte dal fatto che sappiate o no quello che state facendo. Quando spingete avanti la faccia con la guancia rivolta al nemico, dovete sapere che questo è appena l'inizio del cimento, soltanto il primo dei versetti - e dovete riuscire a vedervi per tutta la sequenza, per tutti i tre versetti del Discorso della Montagna. Altrimenti, una frase isolata dal contesto vi lascerà malconci.
Fondare un'etica su un versetto citato erroneamente significa andare in cerca di guai oppure ridursi alla mentalità del borghese che si gode il supremo piacere: quello delle proprie convinzioni. In entrambi i casi (ma il secondo, con tutte le sue tessere d'iscrizione a movimenti filantropici e ad associazioni senza fini di lucro, è il meno digeribile) il risultato è quello di cedere terreno al Male, di ritardare la comprensione dei suoi punti deboli. Perché il Male, vorrei ricordarvelo, è umano, solo umano.
da Il canto del pendolo - Per citare un versetto. Iosif Brodskij
[Discorso ai laureati del 1984 allo Williams College].
Fondare un'etica su un versetto citato erroneamente significa andare in cerca di guai:
ma se uno ti percuote sulla guancia destra,
porgi a lui anche l'altra
e se uno vuole chiamarti in giudizio e toglierti
la tunica, cedigli anche il tuo mantello.
E se uno ti forza a fare un miglio,
va' con lui per due miglia.
Citati per esteso, questi versetti hanno in realtà ben poco a che fare con la resistenza passiva o non violenta, con i precetti di non ripagare con la stessa moneta e di rendere bene per male. Il loro significato è tutt'altro che passivo, poiché vi è implicita l'idea che il male può essere reso assurdo per eccesso; vi è implicito il suggerimento di rendere assurdo il male sminuendone le pretese con una condiscendenza pressoché illimitata che svaluta il danno. Un atteggiamento simile mette la vittima in una posizione molto attiva, nella condizione di un aggressore mentale. La vittoria possibile in tali circostanze non è una vittoria morale, bensì esistenziale. Qui l'altra guancia non mette in moto il senso di colpa del nemico (un senso di colpa che egli sarebbe capacissimo di reprimere), ma espone i suoi sensi e le sue facoltà all'insensatezza di tutta l'operazione: è lo stesso effetto che può fare ogni forma di produzione di massa.
Mi permetto di ricordarvi che qui non stiamo parlando di una situazione che comporti un combattimento leale. Stiamo parlando di situazioni in cui uno si trova fin dall'inizio in uno stato d'inferiorità assoluta, senza speranza, in cui uno non ha modo di contrattaccare, in cui le probabilità sono contro di lui, e in maniera schiacciante. In altre parole, parliamo delle ore più buie della vita, quando il senso della propria superiorità morale sul nemico non offre alcun sollievo, quando questo nemico si è ormai spinto troppo oltre per vergognarsi o per avere nostalgia degli scrupoli abbandonati, quando uno non ha più niente per difendersi, tranne la propria faccia, una tunica, un mantello e un paio di piedi che possono ancora camminare per un miglio o due.
In questa situazione resta ben poco spazio per le manovre tattiche. Così l'offerta dell'altra guancia dovrà essere, da parte vostra, una decisione consapevole, fredda, deliberata. Le vostre probabilità di vincere, per quanto esili, dipendono tutte dal fatto che sappiate o no quello che state facendo. Quando spingete avanti la faccia con la guancia rivolta al nemico, dovete sapere che questo è appena l'inizio del cimento, soltanto il primo dei versetti - e dovete riuscire a vedervi per tutta la sequenza, per tutti i tre versetti del Discorso della Montagna. Altrimenti, una frase isolata dal contesto vi lascerà malconci.
Fondare un'etica su un versetto citato erroneamente significa andare in cerca di guai oppure ridursi alla mentalità del borghese che si gode il supremo piacere: quello delle proprie convinzioni. In entrambi i casi (ma il secondo, con tutte le sue tessere d'iscrizione a movimenti filantropici e ad associazioni senza fini di lucro, è il meno digeribile) il risultato è quello di cedere terreno al Male, di ritardare la comprensione dei suoi punti deboli. Perché il Male, vorrei ricordarvelo, è umano, solo umano.
da Il canto del pendolo - Per citare un versetto. Iosif Brodskij
[Discorso ai laureati del 1984 allo Williams College].
2 commenti:
Ho tanta fede in te
che durerà
(è la sciocchezza che ti dissi un giorno)
finché un lampo d'oltremondo distrugga
quell'immenso cascame in cui viviamo.
Ci troveremo allora in non so che punto
se ha un senso dire punto dove non è spazio
a discutere qualche verso controverso
del divino poema.
So che oltre il visibile e il tangibile
non è vita possibile ma l'oltrevita
è forse l'altra faccia della morte
che portammo rinchiusa in noi per anni e anni.
Ho tanta fede in me
e l'hai riaccesa tu senza volerlo
senza saperlo perché in ogni rottame
della vita di qui è un trabocchetto
di cui nulla sappiamo ed era forse
in attesa di noi spersi e incapaci
di dargli un senso.
Ho tanta fede che mi brucia; certo
chi mi vedrà dirà è un uomo di cenere
senz'accorgersi ch'era una rinascita.
Montale
DIVINITA’ IN INCOGNITO
Dicono
che di terrestri divinità tra noi
se ne incontrano sempre meno.
Molte persone dubitan
della loro esistenza su questa terra.
Dicono
che in questo mondo o sopra ce n’è una sola o nessuna;
credono
che i savi antichi fossero tutti pazzi,
schiavi di sortilegi se opinavano
che qualche nume in incognito
li visitasse.
Io dico
che immortali invisibili
agli altri e forse inconsci
del loro privilegio,
deità in fustagno e tascapane,
sacerdotesse in gabardine e sandali,
pizie assorte nel fumo di un gran falò di pigne,
numinose fantasime non irreali, tangibili,
toccate mai,
io ne ho vedute più volte
ma era troppo tardi se tentavo
di smascherarle. Montale
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